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Creatività e vecchiaia / creativity and old age

  • Immagine del redattore: Paolo Avanzi
    Paolo Avanzi
  • 10 gen 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

"Solitudine" acrilico su tela di Paolo Avanzi

Suona strano abbinare creatività a vecchiaia. Se l’infanzia rappresenta lo stato nascente della creatività e forse il periodo in cui essa è all’apice, tanto è libera da vincoli biologici e culturali, che dire della vecchiaia? Vecchiaia come tomba della creatività?

Ci sono grandi creativi che hanno composto capolavori anche in tarda età. Verdi compose il Falstaff a ottant'anni, Bach compose l’Arte della Fuga pochi anni prima della morte. Se torniamo ai nostri tempi basta vedere la straordinaria vitalità di uno scrittore novantenne come Andrea Camilleri.

Non c’è limite di ordine anagrafico alla creatività. Il limite semmai è determinato dall’entusiasmo e dalla voglia di fare.

Con l’avanzare dell’età il numero dei neuroni si riduce sensibilmente, non si ha la prontezza di riflessi, la capacità di concentrazione e la flessibilità di una volta. Diventando anziani si ritorna bambini (ma senza la plasticità di quel tempo). Eppure la creatività, nonostante tutto, può rappresentare una scialuppa di salvataggio, non dico per navigare in mare aperto, ma almeno per non rimanere impantanati o peggio imbalsamati in una deprimente routine: ore e ore di televisione come anticamera della morte cerebrale.

In realtà la vecchiaia prima che una condizione fisica è una condizione “psicologica”. Ci si può sentire giovani a novant’anni, e vecchi a venti. Io a ventiquattro anni, dopo essermi laureato, attraversai un periodo di crisi per cui mi sentivo troppo vecchio per ricominciare qualsiasi altra attività. A quarant'anni a causa di problemi con lavoro e col mio romanzo che non riuscivo a terminare, mi sentivo senza futuro.

A frenare la voglia di rimettersi in gioco, quando si è anziani, è la prospettiva temporale (gli anni che si pensa ancora disponibili) che inevitabilmente si accorcia. Fare progetti a lungo termine, a settant'anni, pare follia. A sessant’anni, se non a cinquanta, pare di avere già dato tutto, non resta che mettere la marcia in folle e lasciarsi andare.

Ma se consideriamo, per esempio, alla enormità di tempo libero concesso dall’essere in pensione, si può immaginare, anche in soli cinque anni, quante nuove attività si potrebbero intraprendere (che da giovani parevano un lusso).

Quando ci si sente vecchi, bisognerebbe pensare a quei finali di partita in cui la tua squadra sta perdendo 4 a 0 e mancano pochi minuti. Non c’è possibilità di ribaltare il risultato, e allora? Meglio giocarsele tutte fino alla fine le energie ancora disponibili, almeno per uscire a testa alta.

Certamente una società che mette al primo posto la bellezza e la prestanza fisica non aiuta. Ma la creatività non ha una data di scadenza, al contrario della prestanza fisica e della bellezza. Sono soprattutto la forza dell’abitudine e la difficoltà di scrollarsi di dosso tutta una serie di pregiudizi culturali a limitare la creatività.

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It seems strange to associate creativity to old age. If childhood is the nascent state of creativity and perhaps when it is at the apex (as free of biological and cultural constraints). what about the old age? Old age as tomb of creativity?

There are great creative minds who also composed masterpieces in old age. Verdi wrote Falstaff at eighty, Bach composed the Art of Fugue few years before his death. If we go back to our time just see the extraordinary vitality of a nonagenarian writer like Andrea Camilleri.

There is no limit to master creativity. If anything, the limit is determined by the enthusiasm and desire to do.

With advancing age, the number of neurons is significantly reduced, so the alertness, the ability of concentration and flexibility are unavoidably impacted. Becoming older is like to return to childhood (but without the plasticity of that time). Yet creativity, after all, can be a lifeboat, I do not say to sail in the open sea, but at least to not get bogged down or worse stuffed in a depressing routine: hours and hours of television as an antechamber of brain death.

In fact old age rather than a physical condition it is a "psychological" condition. You can feel young at ninety years, and old at twenty. When I was twenty-four years old, after graduating, I went through a period of crisis for which I felt too old to start over any other activity. When I was forty, due to some problems with my job and with my novel that I could not finish, I felt to have no future.

It is the time perspective inevitably short that reduces the wish to get back into the competition. Making long-term projects, at seventy, it seems madness. At Sixty years, it seems to have already given everything.

But if we consider, even in just five years, how many new activities we could undertake, the enormity of free time granted being retired, that seems a luxury when we are young...

When we feel old, we should think of those finals match in which our team is losing 4 to 0, during last few minutes. There is no possibility of reversing the result, so what? Better playing all the game until the final energies are still available, at least not to have regrets.

Surely a society that gives top priority to the beauty and athleticism does not help. But creativity does not have an expiration date, unlike the athleticism and beauty. The force of habit and the difficulty of shaking off a list of cultural biases represent the only limit to creativity.

 
 
 

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